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Cycling tips intervista me, Cassani e Lemond sulle bici dopate: “Serve il parco chiuso come in F1″

02 mar 2016
Michele Bufalino
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Il giornalista di CyclingTips Shane Stokes ha intervistato me, Davide Cassani e Greg Lemond sul tema delle bici truccate. Tutti concordi sul ritenere che sia necessario controllare tutte le bici, non soltanto con controlli a caso, ma in maniera sistematica e approfondita. Di seguito la mia intervista, tradotta in italiano. Su Cyclingtips invece il reportage completo in inglese. 

Quale è stata la tua reazione dopo la scoperta del caso Van den Driessche, con la prima bici truccata nel mondo del ciclismo professionistico?

Ho avuto due reazioni distinte. Dal lato umano mi è dispiaciuto molto per questa ragazza così promettente, bella e talentuosa. La mia seconda reazione è stata di disgusto perché con i motorini nelle biciclette non è più ciclismo, è tutto un altro sport.

Avevi anticipato i tempi già nel 2010, dicendo che già all’epoca poteva essere in corso l’uso di questi macchinari. Pensi che questa recente scoperta provi che tu avevi ragione?

Sì, nel mio primo video del 2010 e ne “La Bici dopata”, il mio libro del 2011 ero appunto preoccupato che questa situazione potesse anche sfuggire di mano in futuro. Ho parlato recentemente con molti colleghi e bene informati e siamo tutti concordi nel credere che questo nuovo doping sia stato usato negli anni recenti. Un altro grosso problema è rappresentato dalle corse dilettantistiche e le gran fondo, specialmente in Italia. In questo particolare piccolo mondo la situazione è completamente fuori da ogni controllo. Sfortunatamente tutto questo è la prova che avevo ragione.

Sei stato messo sotto pressione nel 2010 mentre trattavi questo argomento? Hanno cercato di farti tacere?

Sarò sincero, all’epoca fui letteralmente travolto, avevo solo 22 anni non avevo tutto il bagaglio di esperienza che ho oggi. Ebbi molte pressioni, specialmente dalla Svizzera. Un giornalista svizzero e uno olandese tentarono senza successo di screditarmi. Oltretutto l’entourage di Varjas provò a bloccare la pubblicazione del mio libro nel 2011. Ho sempre avuto l’impressione che la presidenza UCI di quegli anni non volesse occuparsi realmente della questione. Oggi invece faccio un plauso a Cookson che si sta dimostrando molto efficiente.

Ripensando al passato, faresti qualcosa di diverso con la tua esperienza di oggi?

No, è vero che ho imparato moltissimo, ma farei tutto esattamente allo stesso modo. Ti racconto un aneddoto: nel 2012 Cancellara espresse la volontà di incontrarmi, così mi misi in contatto con la Radioshack dicendo “sono qui”. Loro però mi chiesero prima una copia del libro. Credo fosse più che altro perché secondo me volevano valutare eventuali azioni legali, ma non trovarono niente che potesse nuocermi. In seguito non vollero incontrarmi, nonostante lo stesso Cancellara avesse espresso questo desiderio. Credo di aver fatto un ottimo lavoro, il coraggio non mi è mai mancato. 

Credi siano state usate in passato queste bici, in gare professionistiche?

Sì, ci credo. Dopo aver analizzato la situazione, credo sia necessario studiare il passaporto biologico e che gli esperti dell’UCI possano estrarre qualche dato interessante magari con i valori di soglia etc. Credo altrimenti sia difficile dire molto, nessuno può farlo, solo sospettare. La bici prima dev’essere trovata. Ma il ciclismo adesso non ha bisogno di nuovi scandali. Oggi credo nel potere deterrente delle azioni dell’UCI per scoraggiare l’uso di una bici dopata.

Qual è la tua posizione sul caso Cancellara del 2010?

Mi sono già espresso molte volte su questo argomento. Spero che continui a provare di essere un grande corridore nonostante i problemi e la sfortuna degli anni recenti.

Cosa dovrebbe fare l’UCI? Credi sia un problema così diffuso?

Nessuno può sapere esattamente quanto sia diffuso il problema, ma è evidente che è molto serio. In questo senso sono state molto importanti le parole del direttore dell’ASO Proudhomme che sostiene sia necessario un grande sforzo per risolvere il problema. L’Uci forse dovrebbe creare una sorta di parco chiuso come in Formula 1, punzonando tutte le bici, ma sempre con manovre che rispettino il lavoro delle varie squadre.

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